La notizia delle discoteche come patrimonio dell’Unesco è un’occasione per rigenerare una serie di argomentazioni che hanno sempre avuto il destino di non sfondare.
Però ci si riprova: non si sa mai…
È bene precisare che a Berlino si vuole rendere patrimonio immateriale la musica Techno e le discoteche storiche che hanno caratterizzato quella scena ne vengono coinvolte di conseguenza, all’interno di un progetto che sarà, ci scommetto, organico e ben strutturato. Per chi volesse approfondire, l’articolo del Guardian è abbastanza esaustivo.
Quindi, i locali berlinesi (solo alcuni) vengono considerati per essere stati parte proattiva di una proposta culturale con relativa scena subculturale, se non addirittura controculturale.
E noi, con i nostri locali qui nella Riviera Romagnola?
Per noi la notizia potrebbe rappresentare un’altra delle poche occasioni in cui provare a ragionare seriamente su cosa hanno rappresentato i nostri locali da ballo – e la conseguente Nightlife – nella rappresentazione del nostro territorio, nonché nel condizionamento degli usi e costumi dei giovani italiani e della società tutta.
A mio umile parere, anche senza scomodare l’Unesco, basterebbe “semplicemente” attivare questo doveroso processo di analisi, utile ad approfondire i valori del loisir tout court, in un paese dove è nata la favola di Pinocchio, la cui morale è nota: chi si va a divertire è destinato a diventato un somaro.
La speranza, in cuor mio, è che il passaggio da Paese dei Balocchi a patrimonio dell’Unesco possa trasformarsi in possibilità concreta anche in Italia.
Rappresenterebbe un nostro salto di maturità capace di generare maggiore qualità e responsabilità da parte di tutti gli operatori di un settore da sempre poco considerato.