Jacopo Fo ha inviato ai suoi utenti internet (iscritti al suo C@C@O quotidiano), una newsletter intitolata “Il delirio dell’olio di colza”.
Casomai ve la foste persa, ve ne riporto una parte…
<< Cari lettori, vorrei porre la questione morale. Anzi la questione mentale.
In questi giorni ho sperimentato direttamente il livello di disturbo mentale di cui soffrono in primo luogo i mass media e in generale il popolo italico.
Scoppia il caso biodiesel, e, come per incanto, ricevo un mucchio di telefonate da parte di giornalisti che mi chiedono di parlare del nostro distributore di biodiesel. Il primo d’Italia.
E io mi diverto a rispondere: “Ma come non ha letto i nostri comunicati stampa? Non segue i nostri siti internet? Legge solo le agenzie di stampa autorizzate?”
Provo un certo gusto a dire: “Guardi, il distributore non l’abbiamo aperto in questi giorni ma cinque anni fa. E l’abbiamo chiuso più di due anni fa perchè il governo Berlusconi ha vietato il biodiesel. Abbiamo fatto proteste, raccolto firme…”
Ed ecco il cronista che non ci può credere: “Ma come l’hanno vietato? Hanno vietato il biodiesel?”
Non ne sanno niente.
“Si’, siamo l’unico paese d’Europa. L’Unione Europea ha praticamente liberalizzato la vendita ma l’Italia ha chiesto di essere esclusa dal provvedimento. Poi il governo ha deciso di vietare la vendita al pubblico del pericoloso carburante.
Se va su www.cacaoonline.it trova tutta la storia dall’inizio…”
Praticamente c’e’ da chiedersi a quanti sia arrivata notizia della nostra campagna sull’olio di colza… Proprio pochi…
Unica consolazione è che ormai sono centinaia di migliaia gli italiani che non si fanno fregare e mettono olio di semi comprato nei supermercati Lidl a 0,65 euro il litro. >>
Tutti sappiamo che in Italia la legge prevede che qualunque cosa possa fungere da combustile, deve essere tassata.
E non poco…
Ma adesso, cosa succederà?
Verrà vietata la vendita di olio di colza nei supermercati?
La vedo dura…
Eppure una cosa simile successe con la canapa (ed i suoi derivati), vietata agli inizi del secolo, ma con motivazioni differenti: il suo uso “ludico” fu un perfetto alibi per i magnati dell’industria (DuPont in primis, almeno stando a ciò che ho letto in giro) per cancellare dal mercato un naturale ma pericoloso competitor dei materiali industriali appena usciti sul mercato.
Ma questo è successo molti anni fa, troppi per fare un parallelismo.
Questa storia dell’olio di colza, mi fa venire in mente anche una storia più recente: la musica su internet.
Shawn Fannings alla fine degli anni novanta inventò – allora meno che ventenne – un programma per pc, utile a fargli condividere in rete con gli amici i brani musicali rock.
Da quel gioco, nacque Napster, l’incubo delle case discografiche mondiali.
Napster è oggi “scomparso”, ma non la sua tecnologia e la voglia di accaparrarsi gratis la musica via internet.
Malgrado l’industria, per tutelarsi, stia producendo CD dotati di sistemi programmati per rifiutare la trasformazione in file mp3, il fenomeno ormai sembra irreversibile.
Tornando al combustibile, credo sia difficile accettare l’idea che vengano costruite automobili dotate di dispositivo che non accetti l’olio di colza…
Questo argomento ancora una volta ci porta a chiederci cosa ci riserverà il futuro in termini di certezze.
E offrire certezze di futuro spesso significa produrre consenso.
È stato così sia per gli scenari positivi (“domani ci sarà un mondo senza razzismo”, “le nuove tecnologie renderanno gli uomini più liberi e vicini tra loro”…), sia per gli scenari sfigatissimi (“andremo in giro con le bombole di ossigeno”, oppure “i Cosacchi abbevereranno i loro cavalli nella Fontana di Trevi”…).
Lo scenario che presenta l’olio di colza è attuale, positivo e possibile.
Oggi, uno scenario del genere – abituati alla complessità e all’incertezza – ci servirebbe come il pane.
Produce speranza, speranza palpabile.
Ovvero quell’energia che in questi anni è stata alimentata, in politica economica, quasi esclusivamente da grandi bugie.
Che si fa?
Rimini, 10 aprile 2004