Qualche settimana fa ho visto il film Moulin Rouge.
Dalle brevi mini recensioni lette sui vari opuscoli, del tipo “Stasera al Cinema” o altri, avevo inteso fosse un film biografico sulla vita di Toulouse Latrec, raccontata attraverso gli occhi di una ballerina.
Niente di tutto questo.
Moulin Rouge è un’esperienza allucinogena, una vera emozione piena di citazioni ed idee.
E’ un vero e proprio manifesto filosofico della vita bohemienne.
Gli ingredienti sono vari: la sensibilità poetica, l’assenzio, la ricerca di nuove esperienze, la cinicità del piacere……
Concepito come un musical, la musica presente in Moulin Rouge è un’insieme di trovate geniali.
Passando in un batter d’occhio dal Can-can a Elton John, fino ai Nirvana, il filo conduttore non è stato il genere, ma il sentimento comune, nell’arte dell’ultimo secolo, dello spirito bohemienne.
Una way of life di efficace fascino, ma poco sfruttata nel cinema, così come nella pubblicità e nella comunicazione (sarebbe bello chiedersi perchè).
Ma le trovate geniali, così come per la colonna sonora, hanno riguardato anche gli effetti scenici e digitali-cinematografici, che hanno subito lo stesso trattamento: tutto insomma è stato come mixato.
Si può arrivare a pensare che Moulin Rouge sia una pellicola che, chi l’ha girata ed interpretata, sia riuscito a capire di che si trattava solo dopo l’uscita del film, ovvero solo dopo che il regista (lo stesso di Romeo & Juliet) ha fatto i suoi copia-incolla, campionamenti e casini vari.
E’ il film che avrebbero potuto girare Fat Boy Slim, Howie B. o i Chemical Brothers.
Bisogna trovare un nuovo termine per definire “il lavoro” che su Moulin Rouge ha svolto il regista.
Secondo me è la stesso “lavoro” che sta cercando di portare avanti una parte del mondo della moda e la parte più efficente e viva del mercato del divertimento.
Dare un nome a questo fenomeno artistico può essere interessante ed utile.
Almeno sapremo finalmente dove bussare quando vorremo procurarci un’esperienza emotiva di una certa qualità ed innovazione.