La prima volta – diversi anni fa – che mi sono recato all’Ikea, ho avuto bisogno di un traduttore.
Non tanto per i nomi degli articoli, che come sappiamo sono quasi tutti in lingua svedese, ma per la loro… filosofia.
Come prima sensazione d’impatto (era l’Ikea di Bologna), ho avvertito di avere a che fare con un concetto di ordine disordinato, che a me rimandava al casino totale.
Le proposte Ikea, infatti, sono finalizzate alla creazione di una casa vissuta, ovvero un habitat in cui è normale avere gente a dormire sui tuoi divani, dove i bambini ribaltano tutto, dove gli ospiti si svaccano in terra sui tuoi cuscini bianchi, dove le librerie sono a portate di mano dei tuoi ospiti più curiosi, dove la tua camera da letto è una dependance per gli amici più invadenti…
È un’estetica di vita incasinata, quella di Ikea e lo si evince anche dalle pagine dei suoi cataloghi.
Mia moglie mi ha aiutato a decifrare quel mondo.
E ho poi capito che quella era l’estetica che faceva per me e per noi.
Ma c’è di più: è facile che sia stata l’Ikea a condizionare in parte il mio modo di essere.
Posso affermare che Ikea mi ha insegnato a cosa serve una casa.
Io non ero abituato così.
A casa della mia mamma e del mio babbo vivevo nel mondo di Guido Gozzano: ricordate le piccole cose di pessimo gusto?
Ovvero, tutto sempre a posto, lucidato, in sala le sedie ancora con il nylon e con i suppellettili disposti in fila.
L’ospite era un’eccezione e la sua presenza andava annunciata ed organizzata.
Nella casa dei miei, c’erano spazi vietati a noi bimbi e gli amichetti in casa erano visti come potenziali devastatori (anche i compagni di classe che avevano 10 in condotta).
Mi ricordo delle pattine, della cera per pavimenti e della lucidatrice, passata due volte al giorno…
Oggi, casa mia e di Monica è un porto di mare e di questo sono orgoglioso.
Monica (anche in questo) ha migliorato la mia vita.
Questa considerazione su Ikea mi porta a mettere in fila un po’ di questioni.
Ma come…
Io ho sempre saputo che la Svezia e tutti gli altri paesi scandinavi fossero il regno del tutto preciso, pulito e niente fuori posto…
Come può essere che io, da Italiano, possa avvertire un senso di casino prodotto dagli Scandinavi?
E, addirittura, ho notato un paradosso, che sintetizzerei così…
Noi italiani, a casa nostra pretendiamo che tutti sia in ordine, preciso e pulito, mentre all’esterno, le nostre strade, le nostre città spesso riflettono l’immagine opposta…
In Svezia, invece, le case sono un casino, mentre all’esterno i marciapiedi e le strade sono perfette, i giardini da sogno e le città ben urbanizzate, direi a dimensione d’uomo.
È come se ci una corrispondenza inversa sul rapporto tra il privato e il pubblico.
Ovvero: quando la cosa è di tutti, per noi italiani è come se fosse di nessuno, mentre per gli svedesi, appunto perché è di tutti, non è possibile che ognuno possa fare i comodacci suoi.
Strade incasinate con case ordinate, oppure salotti svaccati e città civili?
A ognuno la sua indole…
L’altro giorno, Monica mi ha fatto notare sul web un’azienda danese che vende articoli per la casa e per l’esterno.
Si chiama Steel-Fuction e crea oggetti di design puntando sull’immaginario italiano.
Ad ogni articolo corrisponde il nome di una città italiana.
Ad esempio, la linea Capri riguarda piatti da portata per il pesce.
La linea Parma riguarda grattugie, mentre Milano ha che fare con ceramiche per il brunch.
C’è anche Rimini.
Indovinate a cosa è abbinata la mia città.
Andate a vedere… http://www.steel-function.dk/eng/Products/rimini/
Conoscendo gli scandinavi, interpreto la cosa positivamente.
Però sono un attimo in difficoltà: chi mi aiuta a capire quale può essere stato il loro passaggio creativo?
29 Novembre 2011