Per lavoro, o magari casualmente, ci siamo più volte imbattuti nelle reti della famosa Legge sulla Privacy.
Per carità, non voglio entrare nel merito dove sia giusta o meno.
In questo senso posso solo dire che, nel momento in cui la mia posizione è quella del cittadino passivo, la trovo opportuna.
Non avverto gli stessi sentimenti quando invece mi pongo dal punto dell’impresa.
Comunque, ritengo la Legge sulla Privacy un segno di una società sempre più civile.
Un po’ in tutto il mondo, le tecniche di tutela dei propri interessi privati stanno diventando sempre più raffinate.
Non vorrei sbagliarmi, ma dall’elusione fiscale (sempre più complessa), alle abitudini sessuali (a volte inconfessabili), la nostra necessità di protezione mi sembra sia particolarmente aumentata…
… finchè non si sale sul treno.
Quasi a dispetto di tutti gli studi che hanno portato a creare al legislatore cavilli complessissimi, sul treno la Privacy rompe tutte le barriere.
Durante i miei viaggi in prima classe, in mezzo a tantissimi uomini d’affari, è facile farsi un’idea di quale sia la situazione.
A volte sono stato tentato di prendere un po’ di appunti.
Lo scenario è interessante: in treno si parla di tutto, anzi, si rivela tutto a gran voce mentre si parla con il telefonino.
Persone che a gran voce si identificano lasciando e-mail e numeri di cellulare…
Trattative ai quattro venti, dove un albergo a Bellaria venduto con una caparra in nero di oltre 200 mila euro…
Strategie segrete diffuse per tutto il vagone, per cui a quel determinato capogruppo occorreva smuovendogli contro proprio la sua corrente…
Esternazioni riguardo a dati di una ricerca del tutto improvvisati…
Mentre inizialmente credevo si trattasse di disattenzione ed ingenuità, pian piano mi è sorto il dubbio che dietro ci fosse altro.
E cioè la sciagurata voglia di avere una platea in ascolto.
L’identikit dell’esternatore medio è semplice: maschio, età tra i 35 e i 50.
La fascia perfetta di chi ha necessità di adottare strategie ai fini del cosiddetto prolungamento del pisello.
E’ un po’ come durante il rito dell’aperitivo in Centro, dove si sente spesso intonare “sai cos’ho fatto ieri sera”, “sai che macchina ho deciso di acquistare”, “sai con chi sono uscita ieri sera”, e via di seguito…
In treno è leggermente diverso: chi deve fare lo “sburrone” – come diciamo noi in Romagna – distribuisce consulenze professionali ad alta voce, elargisce cazziatoni con toni paterni risoluti, vomita esiti positivi di riunioni.
Chissà, probabilmente non ne sono consapevole, ma forse faccio parte anch’io di questa squadra: gente a caccia di prestigio nel vagone in prima classe, in un mondo in cui il “valore personale” sembra venga calcolato con parametri sempre più intollerabili.
Come tante altre cose, anche questo è il segnale di un malessere.
Ce la faremo mai ad uscire da questa fase?
Ma soprattutto, questa è una fase, oppure è diventata (o è sempre stata) una caratteristica nel nostro dna?
Potremmo nel frattempo lanciarci in un tentativo: ovvero provare a calibrare bene la differenza tra i significati di prestigio, consenso, notorietà.
Potrebbe essere l’inizio di un percorso.
Credo siano necessari tempi lunghi.
Speriamo nell’Alta Velocità.
20 marzo 2008